un progetto di e con Martina De Santis
liberamente ispirato a È stato così di Natalia Ginzburg
drammaturgia Martina De Santis | spazio Martina De Santis, Paola Tintinelli, Elisabetta Viganò, luci Paola Tintinelli | suggestioni musicali Martina De Santis | consulenza ai costumi Paola Bedoni | consulenza artistica Paola Tintinelli | graphic designer Carlotta Origoni | Martina De Santis ringrazia per il sostegno e la cura Sementerie Artistiche, Buster, Ramaya Productions, ExAlge, Ferroteca Tintinelli e Carlotta Origoni, Walter Leonardi, Elisa Bottiglieri, Paola Tintinelli, Luisa Bigiarini, Marta Ceresoli, Federico Frascherelli, Alessia Gennari, Paola Bedoni, Elisabetta Viganò, Grazia Cavanna, Tommaso Pitta, Elisabeth Boeke
Quante apocalissi contate nella vostra vita? La domanda, una domanda vera, viene rivolta al pubblico in modo diretto. L’apocalisse è: la catastrofe, la tragedia, tutti i nodi vengono al pettine.
La sua etimologia greca però significa: «rivelazione». È andata così è un lavoro di composizione originale liberamente ispirato al romanzo breve di Natalia Ginzburg È stato così (Einaudi, 1947) in cui una giovane uxoricida, spersa sulla panchina di un giardino pubblico, racconta in una confessione serrata le vicende che l’hanno portata a sparare, poco prima di andare a costituirsi. A partire dallo spunto del colpo di pistola con cui inizia il romanzo («e gli ho sparato negli occhi») e da una frattura fisica e interiore, evocata sulla scena con le parole e con un gesso vuoto, ricordo e vessillo della frattura del corpo dell’attrice-autrice, si salda un racconto autobiografico che riflette sul senso di perdita: come si può attraverso il racconto “ripadroneggiare” il passato di un fatto che ci ha segnato, e quindi mentre questo si rivela e si rimanifesta nel racconto stesso, provare a lasciarlo andare. È andata così parla di momenti spartiacque nella vita delle persone -momenti apocalittici-, dei pieni e dei vuoti che disegnano, di spettacoli pensati e mai realizzati, di piccoli fallimenti, di strade che si sono abbandonate, di molteplici tentativi che sorprendono nel condurci in luoghi non immaginati. Nel racconto l’autobiografico e la finzione si mescolano tenendo però sempre come guida la realtà del sentimento: non importa se si tratti una storia vera o meno, vera lo sarà comunque. Il tono è volutamente lieve, ironico, perché si tratta del racconto di qualcosa di tutto sommato normale, senza pretese di grandezza, «vita ordinaria di gente ordinaria». Ma con dei lampi apocalittici, a volte, come per tutti. «È la vita stessa ad essere piena di storie». Quante apocalissi contate nella vostra vita?